01/03/2023
Inauguro la sezione di ingegneria industriale di questo blog, condividendo un pensiero che accompagna gran parte delle mie invenzioni.
Negli ultimi 150 anni, lo sviluppo tecnologico ha subito un impennata importante, cosa che indubbiamente ha migliorato la vita di molti, aggiungendo, in diverse forme, comodità nella vita di tutti i giorni.
L'eccessiva brama di mettere sul mercato nuove invenzioni, nuovi dispositivi capaci di soddisfare le nostre crescenti esigenze, però, ci ha messo in condizione di fare tante innovazioni dai risultati fantastici, ma ad altissimo costo energetico e conseguente impatto ambientale.
Questa via, personalmente, la ritengo disarmonica con la natura e con le leggi della fisica.
Per questo, nelle mie creazioni meccaniche, mi pongo l'obiettivo principale di ottimizzare, rispettando la natura.
Uno squalo riesce a muoversi in acqua con un dispendio energetico pari a circa 1/100 rispetto a quello di una barca. Pensate che noi non siamo in grado di fare di meglio?
Certo che sì, ma forse c'è una mancanza di focus nel perseguire questi obiettivi.
Tornando allo squalo, la sua forma ed i suoi movimenti sono la punta dell'icebearg di decine di migliaia di anni di evoluzione in cui, di generazione in generazione, sul ritmo sinfonico dell'ambiente che lo circonda, si è migliorato. In perfetta armonia con l'ambiente, la natura e le leggi che la governano, è diventata la "macchina" perfetta che vediamo ora, capace di ridicolizzare le migliori performance raggiunte dalla tecnologia.
Analizzando numerose invenzioni, anche importanti, provo sofferenza nel percepire cacofonia e disarmonia con il mondo: invece di adattarsi al ritmo di esso, l'uomo si impone contrastandolo con forza. È un po' come nuotare contro corrente: è chiaro che se aumento la potenza ci riesco, ma sicuramente non è la via migliore perchè richiede un eccessivo consumo di risorse, le risorse sempre più limitate del nostro pianeta.
La conseguenza naturale di questa lotta contro il creato, si inizia a sentire.
In controcorrente, condivido questa prima invenzione: un sistema di trasformazione del moto rettilineo alternato in moto rotativo continuo.
Questa invenzione è applicabile per sostituire l’albero a gomito (detto biella-manovella) nei motori a combustione classici, rendendoli più performanti e, a parità di energia erogata, più sostenibili dal punto di vista ambientale. In pratica potremmo avere automobili che consumano la metà o centrali elettriche che a parità di spesa producono il doppio dell'energia, il tutto semplicemente lavorando su un banale principio fisico descritto di seguito.
L'invenzione è utilizzabile anche in altri apparati come compressori, pompe, presse, macchine per cucire e dovunque necessaria tale trasformazione di moto.
Nonostante fino ad ora i progettisti si siano dedicati più ai risultati che ai costi energetici, in letteratura si trovano alcuni tentativi per risolvere il problema. Ciò nonostante, in commercio continua il monopolio del sistema biella-manovella che, alle mie risultanze, dovrebbe essere una invenzione di Leonardo da Vinci, quindi di oltre 500 anni fa...
Queste invenzioni, che sulla carta risultavano molto interessanti, si sono andate a scontrare con problemi pratici ed economici. La maggior parte delle invenzioni realizzate con questi scopi sono troppo difficili e/o costose da realizzare o non abbastanza efficienti per essere largamente accettate. Ecco quindi che di fatto, il sistema con albero a gomito, è ancora “monopolista” di questo mercato.
L’impatto economico ed energetico necessario per produrre queste invenzioni, finora non ha giustificato i circoscritti vantaggi promessi dai sistemi stessi.
Io stesso in passato (nel 2006 per la precisione) ho brevettato un sistema che rientra in questa tipologia, che quindi, purtroppo, non ha trovato applicazione pratica. Nello specifico cercavo di perseguire stessi fini, sfruttare lo stesso principio fisico, dell'invenzione più nuova che descrivo in questo testo: allineare le spinte al moto. Per implementare la mia vecchia invenzione era necessario un numero elevato di parti accessorie, necessarie a vincolare un movimento che non era perfettamente lineare. Risultato: il sistema era costoso nell’implementazione, poco migliorativo in termini di efficienza (a causa delle numerose parti in movimento che generavano attrito) ed infine anche poco robusto: il numero alto di parti utilizzate per garantire il giusto movimento, provocavano guasti più frequenti che in un sistema tradizionale.
La nuova invenzione, invece, non necessita di nessuna parte ulteriore per funzionare correttamente: bastano solo 2 parti.
Per capire il problema tecnico su cui si basa questa invenzione, pensiamo al settore automotive, per poi estendere il concetto a tutte le altre applicazioni.
Sappiamo bene che il sistema biella-manovella non riesce a trasferire in nessuna fase l’intera coppia sull’albero.
Il vettore forza della spinta applicata in moto rettilineo (nell’automotive: la spinta del pistone durante la fase di espansione - forza "S" della figura a fianco) può essere scomposta, in una componente allineata alla biella (S1 nella figura), che quindi parteciperà alla generazione del lavoro per il moto rotatorio, ed un’altra (S2 nella figura) dovuta alla reazione del cilindro che vincola il movimento del pistone in moto rettilineo, forza che si traduce in attrito. S2 è la prima componente nefasta dal punto di vista energetico.
Ina altre parole, la forza S2 si ha perchè il movimento del sistema biella-manovella fa si che la biella si muove su 2 gradi di libertà. Questa libertà di movimento rende necessario uno snodo per collegare il pistone, al fine di poterlo tenere sempre allineato al cilindro. Anche il pistone, a questo punto, godendo di libertà di movimento tale da poter effettuare movimenti rotativi, per non ruotare insieme alla biella, deve essere progettato di una lunghezza sufficiente da vincolarlo allineato al cilindro in modo da lasciare un solo grado di libertà ed evitando ogni rotazione. Il pistone, così collegato al sistema, è un elemento che dissipa in attrito parte dell’energia strisciando con forza sulle pareti del cilindro, a causa di forze con angolazioni diverse al movimento vincolato trasversale.
La forza applicata in linea con la biella (che già era solo una porzione della spinta iniziale), si scompone anc'essa, sull’oggetto rotante, in una componente tangenziale al moto rotatorio (freccia verde della figura a canto), che genera lavoro, ed un’altra perpendicolare alla prima, ovvero direzionata verso il centro dell’albero motore, che non compiere lavoro e genera attrito (freccia rossa). La componente centripeta è quella negativa dal punto di vista energetico. Durante il ciclo intero di funzionamento, la scomposizione delle 2 forze varia in continuazione, ma in ogni posizione c’è sempre una componente di dispersione.
Non esiste neanche un istante, durante tutto il funzionamento, in cui questa forza negativa sia nulla (sempre il vettore di colore rosso), mentre esistono 2 punti in cui la forza che compie lavoro (quella verde) si annulla. Si aggiunge, quindi, una terza inefficienza.
Durante lo scoppio, momento in cui il motore dovrebbe erogare la massima coppia (data dal punto di massima pressione del ciclo termico), il sistema biella-manovella è posizionato nel cosiddetto “punto morto superiore”, espressione piuttosto esplicativa...
In questa posizione non riesce a trasformare il moto ed a compiere il lavoro perché la spinta è perpendicolare al movimento rotatorio possibile, vincolato da tale manovellismo.
Sembra assurdo, ma al momento di massima erogazione della coppia, questo sistema di trasformazione ha solo componenti dissipative che non compiono lavoro.
A risolvere questa situazione di “stallo”, ha un ruolo importante l’inerzia dell’albero motore (e dell'eventuale volano ad esso solidalmente collegato) che sposta in avanti il sistema e permette l’espansione del cilindro.
Questo sistema di trasmissione del moto comporta che la massima spinta diventa totalmente una sollecitazione di rottura all’albero motore che, di conseguenza, deve essere adeguatamente dimensionato: vincolo che lo rende necessariamente pesante, generando ulteriori inefficienze.
Pur risolvendo il problema del movimento, e trascurando le sollecitazioni alla rottura dell'abero, rimane il fatto che nel momento di massima erogazione di energia, questa non si converte in moto.
Durante questo passaggio, si ha perdita di potenza dovuta a 2 ulteriori fattori.
Il primo fattore è relativo alle tenute: le fasce del cilindro non sono a presa-stagna, quindi si verifica una perdita di gas e conseguente perdita di pressione…
Il secondo è relativo alla diminuzione di temperatura dovuta all’azione di raffreddamento: il tempo di permanenza in questa posizione, prolungato da questo vincolo, comporta un maggiore raffreddamento del fluido.
La diminuzione della temperatura, a causa delle leggi della termodinamica, implica un conseguente ulteriore abbassamento della pressione all’interno del cilindro, che a sua volta diminuisce la spinta.
Queste componenti negative, calcolate in situazioni pratiche, dissipano fino al 35%-40% dell’energia termica, che su un sistema che ha un rendimento medio intorno al 28%, è una perdita enorme: lavorando meglio si può più che raddoppiare l'efficienza!
Le stesse inefficienze del tradizionale sistema di trasformazione del moto le possiamo ritrovare anche nelle altre applicazioni come compressori a pistoni, pompe, presse ecc.
La soluzione si basa su principio fisico semplice: allineare, per il maggior tempo possibile, l’angolatura della spinta che avviene tramite il moto rettilineo (pistone), alla tangente del cerchio descritto dal moto rotativo.
Il problema pratico che crea più difficoltà alla realizzazione di un dispositivo che permetta questa trasformazione del moto, è rappresentato dall’alternanza del moto rettilineo, che va trasformato in un moto rotativo non alternato, bensì continuo, situazione risolta dagli apparati che seguono.
L’invenzione è composta da due parti: una parte cava con 2 cremagliere disposte nel perimetro interno alla cavità, ed un pignone dentato parzialmente.
La parte cava entra in contatto solo con alcune parti dell’apparato rotante.
Tale parte la chiameremo “gruppo cremagliere” l'altra, "gruppo pignone".
Nel suo ciclo di funzionamento, almeno metà della circonferenza del gruppo pignone, non entra mai in contatto con il gruppo cremagliera, che si muove in moto rettilineo.
La vera innovazione di questa invenzione sta nell'aver trovato una modalità semplice, con sole 2 parti, per perseguire il principio inerente all’allineamento tra forze.
Sostituisce l’albero a gomito con sole 2 parti, in quanto queste, per come pensate, limitano autonomamente i gradi di libertà: non sono necessarie ulteriori parti per vincolare movimenti complessi, caratteristica che permette di avere attriti trascurabili ed un costo di produzione limitato.
Questa soluzione è in grado di ottenere gli obiettivi prefissati, rendendo applicabile il principio fisico descritto, anche nella pratica.
Come noterete dall'animazione che rappresenta questa invenzione qui a fianco, la spinta del pistone è sempre tangenziale al pignone, cosa che permette di conferire tutta la coppia senza dispersioni importanti.
La semplicità rappresentata dal sistema proposto lo rende più leggero, più efficiente e meno ingombrante.
Un motore che applica questa innovazione, a parità di altri parametri, gode di maggiore coppia, minori consumi e maggiore ecosostenibilità rispetto ai motori convenzionali a 2 e 4 tempi. Inoltre, un motore a scoppio 4 tempi così costruito è in grado di produrre più potenza per unità di cilindrata rispetto ai motori a 2 tempi classici, ma con emissioni inquinanti molto più basse.
Questa tecnologia, quindi, si candida come soluzione di trasformazione energetica ecosostenibile fornendo un'opzione conveniente e dall'alto rendimento.
Ovviamente, è in grado di funzionare correttamente anche con l'idrogeno come carburante.